giovedì 16 maggio 2013

Bene

Francesco De Gregori, 1974
«Bene, se mi dici che ci trovi anche dei fiori in questa storia, sono tuoi».
 Così comincia "Bene", la canzone di De Gregori che preferisco.

Vabbè, se proprio non è la preferita poco ci manca (vedi "Pezzi di vetro"). Perché in genere quelle che mi piacciono di più sono quelle in cui De Gregori accompagna la sua voce alla sola chitarra, secondo me è lì che dà sempre il meglio di sé. E "Bene" rientra perfettamente in questa situazione.

E aggiungo anche, così da non lasciare spazio a dubbi, che "La pecora" è nel mio podio ideale dei migliori prodotti degregoriani di sempre (insieme a Rimmel e Titanic, direi).

Il sogno e la realtà

Che cosa racconta "Bene"? Con De Gregori è sempre meglio andarci cauti. Forse un amore finito, forse un cambio repentino della propria vita, forse semplicemente il malinconico ricordo di qualcuno che non c'è più. Il tutto nella fantastica atmosfera "datata" – quanto mi piace – che pervade la canzone, con riferimenti a situazioni quanto mai attuali quando fu composta (come la "faccia vietnamita", nel 1974 tragicamente simbolica) ma che ormai ai giorni nostri appaiono del tutto dimenticate.

C'è qualche cosa di profondo e angosciante che fa parte della natura umana e che qui viene raccontato, come spesso fa De Gregori, con immagini sovrapposte. Due persone si  incontrano tra milioni di altre persone – e questo è già qualcosa di grandioso – condividono la loro esistenza, diventano adulte insieme e insieme cercano di costruire qualcosa di forte, che le tenga unite per sempre. Un desiderio di vivere in sogno, in assoluta libertà, che cozza però con il trascorso e con l'inevitabile individualità dei due amanti. Così, alla fine, può anche rimanere l'amore («ma puoi chiamarmi ancora "amore mio"»), ma tutto il resto scompare e il sogno svanisce lasciando solo i ricordi.

La frase 

Eccola qui:
«Le navi di Pierino erano carta di giornale, eppure guarda, sono andate via. Magari dove tu volevi andare e io non ti ho portato mai». 
Mi ha sempre colpito quel "magari", che mi sembra riveli tutta l'impossibilità di conoscersi fino in fondo, anche tra persone che dividono ogni attimo della loro vita. Magari tu volevi questo, e io non l'ho mai capito. Ma forse rivela anche il non essere capaci di donarci, l'uno con l'altro, quello che davvero desideriamo: sapevo dove volevi andare – magari è proprio lì che sono finite le navi di Pierino – ma io non ti ho portata lo stesso. E me ne rendo conto solo adesso, con un certo rimpianto.

Il collegamento

Gli amici con le lunghe sciarpe nere e gli occhi chiari che sono sul ponte e che hanno scelto la semplicità, mi hanno sempre ricordato gli amici educati ma che vestono in modo un po' strano di "Giugno '73" di Fabrizio De Andrè. Anche lì si racconta di un amore felicissimo, ma ormai finito...




 

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